La Pittura di Anna Claudi
Le Ragioni critiche, n°23 – gennaio-marzo 1977
Nel maggio dello scorso anno è mancata a Roma, dove si era domiciliata da molti anni, la pittrice marchigiana Anna Claudi, mamma di Claudio Claudi prematuramente scomparso, autore d’un libro di Poesie (Rebellato ed., 1973, con prefazione di Giacinto Spagnoletti) di cui il nostro Giuseppe Antonio Brunelli si è occupato nel n. 12 di questa rivista. Qualche settimana prima era uscito un volume splendidamente illustrato da 120 tavole, di cui molte a colori, che riproducono una scelta antologica della sua pittura, con un saggio critico del poeta e fine intenditore d’arte Libero De Libero: Anna Claudi (Silvana Editoriale d’Arte, Milano 1976). Nonostante la signorile riservatezza era molto stimata, per alcune mostre tenute in Italia e all’estero (particolarmente importanti quelle di New York, Parigi e Lisbona). Critici e scrittori illustri si sono occupati con impegno della sua arte, e in questo bel volume sono riportati alcuni giudizi di Michele Biancale, Adolphe de Falgairolle, René Domergue, Guglielmo Petroni, Enrico Piceni, Marcel Sauvage. E pensiamo tuttavia che questo saggetto del De Libero non sia una conclusione quanto piuttosto uno stimolo, un invito a uno studio più largo e profondo dell’arte di questa pittrice di cui tutti hanno messo in rilievo la complessa personalità, a cui non si può sbrigativamente affibbiare l’appellativo di naive. Infatti i naifs,i cosiddetti pittori della domenica, si assomigliano tutti perché ugualmente impegnati negli stessi problemi, diremmo, di grammatica e sintassi figurativa. La Claudi è ben altro, perché, nonostante la modestia e semplicità dell’indole personale, che subito colpivano chi aveva il privilegio di frequentarla assiduamente con devozione e affetto, la sua tecnica pittorica è molto esperta, raffinatissima, e il suo stile è inconfondibile. Benché si siano fatti parecchi nomi, come suoi ascendenti d’arte, nessuno di essi può considerarsi determinante, perché la Claudi era un’artista d’istinto, che fin dall’inizio della sua lunga carriera aveva rivelato i caratteri che poi le sono rimasti fondamentali: la trasfigurazione della realtà e del paesaggio in una favola inquietante, e una raffinatezza di colori, una levità capricciosa e ingenuamente artificiosa che risentono chiaramente – questo sì – della pittura giapponese. Infatti un certo decorativismo è parte essenziale di ogni invenzione di questa pittrice che tratta la figura umana alla stessa stregua degli alberi, degli animali, delle nuvole.
Nei suoi paesaggi – le sue opere di gran lunga più numerose – gli uomini e le donne (deliziose in quei lunghi vestiti d’altra epoca, con ombrellini sollevati in alto, come cupole d’un pallone che voglia rapirle in aria), sono appena accennati come sagome che si confondono con i fiori di tutte le dimensioni, che gremiscono i prati. E non sono paesaggi idillici: alcuni di essi han fatto pensare a un mondo appena creato o ancora in formazione, ed altri a un mondo stravolto da una distruzione nucleare. Siamo davanti a una complessità di motivi – tutti unificati dallo stile – davvero inquietante: delicatezza, ironia, drammaticità, grazia, provocazione. La vocazione pittorica della Claudi, ripetiamo,è tutta d’istinto, è un dono di natura; e perciò non ha avuto un vero e proprio sviluppo. Le date dei quadri non sono dunque significative. Eppure lei aveva cominciato come ritrattista, anche se pure nei ritratti faceva lievitare la realtà al soffio d’una visione che andava oltre di essa. Poi, ben presto, si era dedicata alla natura morta e al paesaggio, secondo un istinto infallibile, e con una fecondità che non si può spiegare se non appunto come un dono di natura, non turbato da intellettualismi. Come l’arte giapponese per noi occidentali, anche questa della Claudi sembra fuori del tempo; ma naturalmente non lo è. Ed è anche evidente che tanta eleganza e squisitezza e ariosità d’invenzione, per cui realtà e sogno pur non rinunziando ai loro connotati si confondono in altro, siano anche piacevoli. Per concludere vogliamo riportare il giudizio di Guglielmo Petroni, che ci sembra il più chiaro e preciso, e il più sintetico: “Che cosa dire di fronte ai quadri di Anna Claudi? Specialmente in pittura, ed in particolare da parte di donne, spesso si assiste a manifestazioni delle quali sarebbe inutile tentare una ricostruzione; di dove vengono, che cosa sono? Meglio soffermarci, guardare, meravigliarsi ed accettare il mistero della loro genesi. – I quadri di Anna Claudi sono dipinti con la bravura di un giapponese che spesso si mischia alla drammatica precisione dei fiamminghi. La fantasia delle figurazioni realizzate è anch’essa un incrocio veramente stupefacente che nessuno saprà ben dire quanto sia casuale e quanto sia voluto, quanto venga per strade misteriose e incontrollabili e quanto venga invece da reminiscenze più o meno consapevoli. – Certo è che Anna Claudi rappresenta un fenomeno dei più appassionanti.”
PAOLO MARLETTA