Alcuni passaggi di Vittorio Claudi.
1. Attività della clinica: l’attività partigiana
«Il prof. M.[Monaldi] ci fece nascondere cinque uomini, tra cui, Aldo Ayroldi, che si fece togliere pure l’appendicite per giustificare la sua presenza in clinica […] Ayroldi, l’uomo più coraggioso e sorridente che mi sia stato dato di incontrare, le notti che non andava in missione a far saltare vagoni, faceva ponticello cioè ad una data ora del buio (c’era il coprifuoco) saltava i muriccioli (mutili delle cancellate di ferro, date alla patria) delle due ville che separavano la clinica da casa nostra. Quasi sempre aiutato, faceva ponticello anche Oreste Biancoli, brillante commediografo scintillante di battute. […] Ayroldi era diventato ufficiale, dalla gavetta. Perduto il padre in giovane età, doveva mantenere la madre ed un nugolo di sorelline. Allora, poteva avere 33 anni, era maggiore dello Stato maggiore (nelle formazioni Badoglio, lo sapemmo dopo, era il vice comandante della zona Castelli e Lazio sud, il vice Montezemolo). Ma una sera, che aveva detto sarebbe rientrato al termine del coprifuoco ancora non c’era» (F.C., Diario di Vittorio Claudi, p. 14). Il maggiore Ayroldi venne arrestato e dopo essere stato torturato rivelò che veniva ospitato presso la clinica dei Claudi. A seguito di ciò, racconta Vittorio, «Un pomeriggio, verso le tre, una automobile nera entrò nel vialetto della clinica, ne uscirono fuori un maggiore delle SS, due SS e due civili. A fronteggiarli subito la Superiora che li fece entrare nella direzione. I tre si esprimevano bene in italiano. Cominciò l’interrogatorio e la nostra versione ufficiale. Anzi, per recuperare la stanza vuota, abbiamo messo nella sua valigia le sue robe. Anzi la valigia è in questo armadio. Le domande dei tre erano martellanti mentre scucivano i vestiti, sfibravano la valigia alla ricerca di elementi» (Ivi, p. 16). Ayroldi morirà fucilato in seguito ai rastrellamenti successivi all’attentato in via Rasella.
2. Attività della clinica: gli ebrei
Ma la clinica ormai già nascondeva un sacco di ebrei. I primi ci erano stati raccomandati dal Vaticano a mezzo del nostro direttore sanitario Dr. Valletti, amico fraterno del marchese Salviucci, bibliotecario del Vaticano […] poi i contatti erano divenuti diretti tra un certo monsignore Montini e mia madre e per almeno tre volte mia madre fu da questi invitata ad andare a parlare in Vaticano di nascondere questa coppia o quella famiglia di ebrei.