24 ottobre al 27 dicembre 2015 – Istanti dal fronte
La Prima Guerra Mondiale nei disegni di Giuseppe Cominetti
Palazzo Claudi – Serrapetrona
La Fondazione Claudi propone nella splendida cornice del Palazzo Claudi di Serrapetrona, dal 24 ottobre al 27 dicembre 2015 la più estesa mostra di disegni di Giuseppe Cominetti allestita in Italia dagli anni Trenta. Unico tema di questi potenti lavori è la Grande Guerra.
La mostra, curata da Beatrice Buscaroli Fabbri e organizzata in collaborazione con il Comune di Serrapetrona, rientra nell’ambito delle iniziative per il Centenario del conflitto. Sono passati 85 anni dall’ultima, grande, mostra di disegni di guerra di Cominetti, all’epoca accolta dal ridotto del Teatro Quirino di Roma. L’artista, che l’anno successivo sarebbe scomparso, non era potuto essere presente.
Per l’occasione Marinetti pronunciò quello che le cronache riportate da “L’Impero” tramandano come “un fervido discorso”. L’Accademico d’Italia evidenziò il raggiungimento dei “vertici dell’epica nella sintesi rigorosa ed espressiva del tratto, nel vigore rappresentativo della composizione, nel senso eroico dei ritmi titanici e nella profonda verità dell’atmosfera ambientale”. Aggiungendo note di roboante retorica, figlie dell’elogio marinettiano della guerra come “sola igiene dei popoli, martirizzati dal pacifismo”. Tutto questo oggi si è decantato. E la mostra, con la scabra potenza del segno, restituisce un artista di notevolissima levatura e un documentarista di grande efficacia. Non è un caso se alcuni di questi disegni erano destinati a raccontare la guerra, già dagli inizi nel ’14 sulle Ardenne, ai lettori di riviste illustrate francesi.
Sul fronte, prima francese poi – da volontario – su quello italiano, Cominetti fu soldato al fianco di tutti gli altri soldati, visse dentro quelle trincee e sotto il fuoco austro-ungarico sul Grappa, documentando da artista qual’era ciò che vedeva e soprattutto viveva. Nei disegni, di diversissima dimensione, numerosi i molto grandi, egli fa sintesi di infinite realtà che lui e gli altri vivono quotidianamente: i corpo a corpo dei fanti, i cumuli di morti, le sortite della cavalleria, le cadute degli aeroplani, gli scoppi delle granate, i momenti di riposo, meglio di abbandono, nelle trincee e nei ricoveri. Ma anche l’esodo dei profughi veneti sotto i loro carichi di masserizie, lo sfacelo delle case, i buoi abbandonati tra i solchi sotto le granate. Insomma il volto tremendo e vero della guerra, reso con l’essenza del bianco e nero della semplice matita e “con la luce dell’anima, dell’artefice capace di rischiare, nel magico lampo magnesiaco della verità estetica rivelata, i cuori dei compagni reduci” (“il Lavoro” del 30 giugno 1929).
Quelle di Cominetti sono certo ineguagliate pagine documentarie, che come tali sono entrate in musei e centri di documentazione in tutta Europa. Ma sono anche e soprattutto superbe opere d’arte, di un artista che trovò una strada autonoma tra divisionismo e futurismo e nuove avanguardie, dimostrando l’eccellenza come pittore, disegnatore, scenografo, costumista e persino designer tra l’Italia e Parigi. Prima di essere annullato, lui che aveva superato anni di prima linea, da un banale incidente in motocicletta.
“Se Munch, col suo grido, è stato capace di rendere visibile un suono umano, Cominetti sa far gridare di morte un cavallo”, afferma Beatrice Buscaroli Fabbri.
“Non simbolismo, non realismo, non guerra né interventismo. Non c’è soltanto la necessaria e urgente obbedienza al realismo, non osservazione o “corrispondenza”. C’è il grido muto dell’orrore che trascorre dagli uomini agli animali attraversando reticolati e fili spinati. Incomprensibili. Incomprensibili fino a quando non assumano forme di croci – tutti i reticolati sono croci – , o quando Cominetti non decida di far somigliare alberi stecchiti a quelli di un calvario infinito e senza storia. Soprattutto senza date”. “Piccole sagome di marionette azzoppate che ritrovano soltanto in pittura una loro perduta umanità. Schegge di forme disgregate e slentate nei fili che a tratti sembrano espressioniste, a tratti ricordano le litografie del primo Quattrocento tedesco. Ma non basta. Dalle Ardenne al Grappa, dalla Francia all’Italia, il diario pittorico di Cominetti è un solo canto feroce e ferito che illustra per non arrendersi. Per non fare arrendere quello che è rimasto dell’uomo”. “Non solo dolore, non solo paura: ma soprattutto un inspiegabile stupore”.
La mostra sarà inaugurata il 24 ottobre alla presenza della curatrice Beatrice Buscaroli Fabbri, con gli interventi del Presidente della Fondazione Claudi Massimo Ciambotti e del Sindaco di Serrapetrona Silvia Pinzi.